giovedì 16 ottobre 2014

TEATRO DELL'OPERA DI ROMA. Come ti razionalizzo un teatro (o un decreto legge)


Come è ovvio, tutto è dovuto alle procedure di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, con la relativa istituzione di un consistente fondo ad hoc, rafforzato dal decreto "valore-cultura" del ministro Bray,

I criteri per accedere a tale fondo erano stati definiti dal


Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112 (in G.U. 08/10/2013, n. 236)

Come segue: 

I contenuti inderogabili del piano sono:
    a)  la  rinegoziazione  e  ristrutturazione  del   debito   della fondazione che preveda uno stralcio del valore  nominale  complessivo del debito esistente al 31 dicembre 2012, comprensivo degli interessi maturati  e  degli  eventuali  interessi  di   mora,   nella   misura sufficiente ad assicurare, unitamente alle altre  misure  di  cui  al presente comma, la sostenibilita' del piano di  risanamento,  nonche'gli  equilibri  strutturali  del  bilancio,  sia  sotto  il   profilo patrimoniale che economico-finanziario della fondazione;
    b) l'indicazione della contribuzione a carico degli enti  diversi dallo Stato partecipanti alla fondazione;
    c) la riduzione della dotazione organica del personale tecnico  amministrativo fino al cinquanta per cento di quella in essere al  31 dicembre 2012;
    d) il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento, per il  periodo 2014-2016, salvo il disposto del ricorso ai finanziamenti di  cui  al comma 6; nel caso del ricorso a tali finanziamenti nel  piano  devono essere  indicate  misure  di  copertura  adeguate  ad  assicurare  il rimborso del finanziamento;
    e) l'entita' del finanziamento dello Stato, a valere sul fondo di cui al comma  6,  per  contribuire  all'ammortamento  del  debito,  seguito  della   definizione   degli   atti   di   rinegoziazione   ristrutturazione di cui alla precedente lettera a),  e  nella  misura strettamente  necessaria  a   rendere   sostenibile   il   piano   di risanamento;
    f)  l'individuazione  di  soluzioni   idonee   a   riportare   la fondazione,  entro  i  tre  esercizi  finanziari  successivi,   nelle condizioni di attivo patrimoniale e almeno di  equilibrio  del  conto economico;
    g)  la  cessazione  dell'efficacia  dei   contratti   integrativi aziendali  in  vigore,  l'applicazione   esclusiva   degli   istituti giuridici e dei livelli minimi delle voci del  trattamento  economico fondamentale e accessorio previsti dal vigente  contratto  collettivo nazionale di lavoro  e  la  previsione  che  i  contratti  collettivi dovranno in ogni caso risultare compatibili con i vincoli  finanziari stabiliti dal piano.


NELLA CONVERSIONE IN LEGGE (7 OTTOBRE 2013, N. 12)DEL DECRETO, UNA GELIDA MANINA AGGIUNSE PROVVIDENZIALI PAROLE:



al comma 1, lettera c),  sono  aggiunte,  in  fine,  le  seguenti
parole: «e una razionalizzazione del personale artistico»

E così, alla bisogna, non riuscendo a fare questa cosa è possibile fare quest'altra.

In fondo, il modo più semplice per accedere al fondo di garanzia (20 milioni in arrivo) e non lasciare poi di fatto, a detta del CdA, a casa nessuno.

Serve disegnino?


sabato 19 aprile 2014

Teatro alla Scala: Nuova collezione autunno/inverno

Ho da fare quanto quello che morì di notte, tanto che negli ultimi tempi nemmeno avevo letto la notizia degli acquisti di spettacoli dal Festival di Salisburgo da parte del nuovo sovrintendente del Teatro alla Scala.
A parte il lievissimo conflitto di interessi di Pereira, la questione di fondo è un'altra, e la riassumo citando quanto mi ha detto in proposito due giorni fa Gabriele Vacis:
"Sarebbe come dire che Armani si fa fare parte della nuova collezione da Calvin Klein. Per carità, CK farà anche  un buon prodotto, ma tu sei ARMANI".
Il nuovo sovrintendente non ha evidentemente idea di cosa significhi lavorare per il TEATRO ALLA SCALA.
Basterebbe questo, in fondo, senza necessità di indagare ulteriormente sul conflitto di interesse.

martedì 1 ottobre 2013

Certificati di Credito Fiscale

In molti mi hanno chiesto di approfondire la questione del Credito di Imposta Trasferibile.

Prima o poi proverò a farlo, e per farlo seriamente dovrò chiedere il contributo di qualche autorevole economista.

Intanto, però, vi segnalo una idea sostanzialmente identica (a parte la scadenza a due anni anziché uno) di Marco Cattaneo, pubblicata quasi un anno fa anche sul Sole24ore.

Si tratta dei Certificati di Credito Fiscale.

(Segno che qui non siamo gli unici "matterelli" che propongono diavolerie irrealizzabili).

lunedì 2 settembre 2013

Decreto Cultura

Per chi se lo fosse perso, il 10 agosto è entrato in vigore il decreto legge 8 agosto 2013 Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita' culturali e del turismo.


Oltre a sanare alcuni aspetti deleteri della spending review, non si vedono grandi segni di passi avanti.
Sì, un po' di tax credit qua e là, qualche vaga risorsa per ristrutturare le posizioni debitorie delle fondazioni liriche.

Sanza infamia e sanza lodo, verrebbe da dire.

Rimane il fatto che le logiche di austerità cui ci costringono dall'esterno (e cui ci auto-costringiamo col fiscal compact) obbligano a trovare le risorse necessarie a sostenere queste poche cose con nuove tasse (su alcolici, tabacchi ecc., insomma i piaceri del diavolo...).

Viene mantenuta invece (mirabile dictu!) l'esenzione dell'imposta di bollo per le istanze da presentare al Ministero (art. 9, comma 6).

Mica gratis però, bensì con un altro immediato taglietto al FUS di 216.000 euro (art. 9, comma 7):


Alla   copertura    finanziaria    degli    oneri    derivanti
dall'applicazione del comma  6  pari  ad  euro  216.000  a  decorrere
dall'anno 2014 si provvede mediante  corrispondente  riduzione  dello
stanziamento annuale  previsto  a  favore  del  Fondo  unico  per  lo
spettacolo ai sensi della legge 30 aprile 1985, n. 163, e  successive
modificazioni.  Il  Ministro  dell'economia  e   delle   finanze   e'
autorizzato  a  effettuare,  con  appositi   decreti,   le   relative
variazioni di bilancio.
 
INSOMMA, SI CAPISCE O NON SI CAPISCE CHE (DIREBBERO I MIEI AMICI DE ROMA)

CE STANNO A COJONA'?

martedì 11 giugno 2013

Mater Artium Necessitas
(nella speranza che certe soluzioni non servano solo a 'tirare a campare')




È noto che gli enti locali, anche e soprattuto a causa della crisi finanziaria, abbiano subito ingenti tagli ai propri bilanci. 
Non pare probabile, nemmeno nel medio periodo, un miglioramento della situazione, tenuto conto che sarà necessario (salvo ridefinizioni delle politiche europee) continuare anche nel prossimo futuro l’opera di riduzione della spesa pubblica sia al fine di rispettare la norma del pareggio di bilancio (inserita in Costituzione) sia per la necessità di ridurre il rapporto debito/pil al 60%, secondo i parametri di Maastricht (così come stabilito dal trattato sulla stabilità europea, cosiddetto Fiscal Compact).

Per molteplici ragioni, le politiche di austerity rischiano di compromettere irrimediabilmente il sostegno alla cultura, già gravemente sottodimensionate nel nostro Paese.
Il teatro, in particolare, pare destinato a soccombere proprio a causa dell’assottigliarsi delle risorse a disposizione delle amministrazioni locali.
Andrà ricordato che, storicamente, per molteplici ragioni, sin dai tempi della Unificazione lo Stato unitario ha di fatto delegato ai poteri locali la gestione delle risorse genericamente destinate alla cultura.
Il teatro, soprattutto, considerato dallo Stato liberale italiano del secondo Ottocento come interesse particolare, veniva quasi totalmente affidato alle municipalità. È in questo periodo, infatti, che si assiste all’acquisto e alla costruzione di molti teatri da parte dei comuni italiani, sia nelle grandi città sia nei borghi medio-piccoli[1].
Lo Stato autoritario e poi democratico tentarono di definire un processo di razionalizzazione del sistema teatrale italiano. Ma le logiche del localismo rimasero stringenti, tanto che  anche gli stessi Enti Lirici, e in seguito i Teatri Stabili ad iniziativa pubblica, furono anzitutto teatri municipali (e tali, nella loro sostanza, rimangono).
Per questi motivi, quanto più i tagli alle finanze pubbliche andranno a penalizzare le amministrazioni locali, tanto più le attività culturali, e soprattutto teatrali, rischieranno di trovarsi in sofferenza o soccombere del tutto (come in certi casi già accaduto).
Il venir meno della garanzia di risorse finanziarie sotto forma di trasferimenti mette a serio rischio la stabilità finanziaria dei teatri, specie nei casi essi siano sostenuti esclusivamente dagli enti locali.

In certe realtà urbane, specie di piccole e medie dimensioni, il teatro cittadino, se messo nelle condizioni di ben operare, può diventare non solo il catalizzatore della intera cultura cittadina ma uno strumento efficace per tener viva una identità e unità civica, una communitas che rischia di essere messa seriamente in discussione proprio in questi periodi di grave crisi.

Ma è necessario compiere delle scelte: o attardarsi, continuando con le tradizionali formule di sostegno pubblico, che lo stesso MIBAC sta seriamente mettendo in discussione[2], assumendosi il rischio di un fallimento finanziario dei teatri, o trovare altre soluzioni che rendano effettivamente possibile la preservazione del teatro come servizio pubblico, come luogo che sia accessibile alla collettività.

È indubbio che, in un contesto di questo tipo, vi sia la necessità di trovare forme di sostegno pubblico al teatro che possano essere alternative alla prassi sino a ora preponderante dei trasferimenti finanziari (sempre più a rischio e sempre più incerti).

Una soluzione che può risultare efficace (in diversi casi già adottata) per creare nell’immediato le condizioni per una maggiore autonomia e stabilità finanziaria, laddove la legge lo consenta (per esempio fondazioni i cui soci fondatori siano enti pubblici), può essere, per esempio, il conferimento di immobili di proprietà comunale (in genere l’edificio teatrale stesso e le sue pertinenze). 
Una attenta gestione di tale patrimonio immobiliare, oltre ad avere risvolti fondamentali per l'accesso al credito bancario, consentirebbe tra l’altro alle fondazioni di poter mettere a bilancio i profitti derivanti, per esempio, dallo sfruttamento commerciale di tali immobili, con conseguente minore necessità di intervento finanziario da parte del comune.

La speranza è che soluzioni di questo tipo non servano solo a tirare a campare.

Le amministrazioni, oltre ad avere un risparmio netto in termini di trasferimenti finanziari alle fondazioni teatrali, potrebbero avere infatti anche l’opportunità di poter concentrare il proprio intervento in ambito culturale (reinvestendo anche solo parte delle sempre più risicate risorse) sul versante della domanda più che sul versante dell’offerta di teatro.
È indubbio, infatti, che il teatro come servizio pubblico potrà continuare ad esistere solo a patto che i cittadini di oggi e, in futuro, le nuove generazioni lo considerino tale, dunque solo a patto che il suo specifico linguaggio, la sua differenza comunicativa, la sua forza critica mantengano un senso forte a livello collettivo.
Per questo, più che il sostegno alla produzione, il più importante investimento per il futuro, cui le amministrazioni pubbliche sono anzitutto chiamate, è quello che ha a che fare con il sistema di istruzione e di educazione dei cittadini (ivi compresa la cultura teatrale e l’educazione artistica in genere), a tutti i livelli, ma soprattutto nei luoghi deputati alla formazione delle nuove generazioni, in quelle che sono le ‘fabbriche del nuovo’. [3]
Le difficoltà che la crisi impone di affrontare potrebbero forse anche trasformarsi in una grande opportunità.





[1] S. Dalla Palma, La scena dei mutamenti, Vita e Pensiero, Milano 2001, p. 179.
[2] Si vedano le recenti dichiarazioni di Salvatore Nastasi, Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo del MIBAC. Cfr. «ateatro», 18 febbraio 2013, www.ateatro.org
[3] Cfr. R. Abirached, Le théâtre et le Prince. II. Un système fatigué 1993-2004, Actes Sud, Arles 2005, pp. 107-108.