lunedì 25 febbraio 2013

Nastasi contro tutti, cosa c'è sotto?


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In questi giorni mi è capitato di parlare con alcuni amici, che mi hanno ricordato come Salvatore Nastasi, Direttore Generale per spettacolo dal vivo del MIBAC, vada dicendo da qualche tempo che il sistema teatrale italiano ha bisogno di urgenti riforme strutturali, che così non si può continuare ecc. ecc.

Riporto, per rendere l'idea, quanto detto per esempio da Nastasi in occasione del convegno Le Buone Pratiche del teatro, tenutosi a Firenze il 9 febbraio scorso (su ateatro potete leggere il verbale completo):

Nastasi afferma di avere il dovere, come funzionario pubblico, di proporre delle modifiche. Racconta di essere diventato Direttore dello spettacolo nel 2004, a 31 anni, per una serie di casualità fortunate. Dopo nove anni di lavoro, prosegue Nastasi, è un dovere raccontare al Ministro che verrà cosa non è andato nel verso giusto in questi anni e che cosa si può cambiare. Ecco allora alcune verità che il Direttore si sente di segnalare: il sistema è completamente ingessato da regole che bloccano i finanziamenti. 
La situazione è quella di enti territoriali che tagliano progressivamente i loro contributi; lo Stato avrebbe dovuto in parte essere sostituito dagli enti locali, mentre quest’ultimi oggi si sottraggono e chiedono di essere sostituiti dallo Stato. Il sistema della stabilità – prosegue Nastasi – ha fallito: ci sono situazioni che rimangono invariate dal 1980 e questo, in un paese civile, non è possibile. I teatri stabili hanno gli stessi direttori da decenni, che propongono loro regie all’interno del loro teatro: ogni vincolo di esclusività in questo senso va modificato e va stabilito che il direttore di un ente non possa proporre regie all’interno del suo stesso stabile. 
Le quattro categorie di stabilità vanno eliminate, prosegue Nastasi: un teatro stabile percepisce soldi pubblici e non deve fare concorrenza, dunque deve avere obbligo di ospitalità. Uno Stabile deve arare il terreno vicino a casa, deve sostenere la formazione del pubblico. 
Nastasi racconta come, quando diventò direttore, il predecessore Carmelo Rocca lo mise in guardia dai meccanismi della triennalità, dicendo che difficilmente si può tenere fede a un programma triennale; ora Nastasi riconosce quella prospettiva come un errore. Il FUS si muove, è inevitabile che abbia delle oscillazioni in una legge finanziaria: ma nella prospettiva della triennalità ora si può e si deve lavorare. Quelli che si affacciano per la prima volta ad un contributo, si muoveranno in una prospettiva annuale; quelli che hanno una lunga storia nel percepire contributi saranno incanalati in un progetto triennale. 
Nastasi propone un’autocritica su altro aspetto: si è creduto erroneamente, spiega, che stringere i criteri di accesso al finanziamento avrebbe salvato il sistema, e invece l’ha rovinato. Se si fossero abbassati i criteri, si sarebbe ricevuto un maggior ricambio.
[...]
Oliviero Ponte di Pino procede con l’ultima domanda: a fronte di risorse sempre minori, si può procedere aprendo le porte ai giovani, alle nuove realtà e alle residenze senza però intaccare i fondi destinati a chi porta avanti bene il lavoro da anni? Le risorse bastano? 
Nastasi risponde partendo da un dato di fatto: il ministero stanzia 400 milioni di euro, di cui 310 a fondo perduto. Se il nuovo Ministero raddoppiasse i fondi, non ci sarebbero problemi: ma – sottolinea Nastasi – non è probabile che accada. Se la cifra rimanesse la stessa, Nastasi suggerisce di chiedere al nuovo Ministro tre cose precise: nuove regole per i finanziamenti; maggiore stabilità del FUS; una maggiore leva fiscale. Va abbassata l’IVA fino quasi ad azzerarla, va eliminata la gabella sui Vigili del Fuoco; occorrono esenzioni fiscali agli esercenti, ai proprietari delle sale, su certi contributi per i lavoratori. Nell’ambito del cinema, si offrono questi sgravi ai privati, ai finanziatori; ma nell’ambito del teatro non funzionerebbe. Si devono chiedere criteri più giusti e diversi; la leva fiscale per ridurre le spese fisse per chi si affaccia a questo ambito. Queste – e non certo chiedere un FUS a 800 milioni – sono richieste sostenibili.  


Ecco, gli amici mi hanno fatto notare che dovrei essere d'accordo con quanto propone Nastasi.
E, infatti, perché non dovrei esserlo, visto che vado scrivendo cose del genere dal 2009?

Sì, però, mi chiedono anche, perché ora Nastasi dice queste cose?
Che cosa c'è sotto? Dove vuole arrivare? Ci deve essere un doppio fine...

Per la miseria! Ma perché mai?

Ammetto che sono portato, un po' per natura e un po' per i casi della vita, a pensar male, perché spesso ci si azzecca, come pare dicesse qualcuno.
Ma stavolta, penso che ci sia poco da pensar male.
Penso semplicemente che Nastasi, da altissimo dirigente dello Stato italiano, abbia ben chiara la situazione, cioè sappia benissimo (come scritto nel post precedente) che la riduzione del FUS fatta quest'anno sarà la prima di una serie, e che saranno dolori nei prossimi anni.

Quello che Nastasi dice mi pare puro realismo: o si fa di necessità virtù, e lavoriamo da subito tutti insieme per rifondare su nuove basi il sistema, o verremo travolti senza scampo dalla necessità degli eventi.

(Tutto questo, ovviamente, salvo sorprese politiche dirompenti a livello europeo).







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