domenica 25 novembre 2012

Aumentare i fondi pubblici al teatro col Credito di imposta trasferibile

Questa roba non so ancora se può funzionare. Sono convinto di sì, ma i dettagli vanno studiati bene, con economisti possibilmente neo-keynesiani (l'altra parrocchia non credo proprio che ci arrivi).
L'idea mi è venuta sentendo quel geniaccio di Warren Mosler al summit MMT dello scorso ottobre (vedremo di discuterne, della mmt, nel bene e nel male).

Ne ho parlato un po' in giro e ho avuto buone reazioni anche da addetti ai lavori. L'ho un po' spiegata anche ad Alessandro Baricco, che ne è rimasto entusiasta e ne ha poi parlato qui (proprio in conclusione della conferenza).

L'idea a spanne sarebbe questa:


Il FUS viene aumentato del 30% al fine di accogliere nuovi soggetti, quelli che ora stanno nell'economia della miseria (il copyright è di Gabriele Vacis). Quel 30% in più deve andare a questi nuovi soggetti e non spartito tra quelli che già sono finanziati.

Qualcuno degli amici miei so già che mi risponderà inorridito: ma come, aumentiamo il FUS invece di abolirlo?

Va be' dico FUS per non dover ora stare anche a proporre altro, e poi mi tengo cauto. In prima battuta lasciamo tutto come è ma soprattutto facciamo in modo di far comunque entrare nel meccanismo gente che ora è costretta a fare quattro lavori per tirare avanti con l'attività teatrale. 

Comunque, la sostanza della proposta è: il fondo ministeriale per lo spettacolo dovrà essere erogato per 1/3 in contanti (questo può servire soprattutto ai nuovi soggetti per avere un minimo di fondi per far partire la produzione) e 2/3 in credito di imposta trasferibile. [SIA CHIARO, QUI ORA STO LAVORANDO SULL'IDEA E NON ANCORA SU DATI PRECISI, POTRA' ESSERE ANCHE 1/2 E 1/2 o 3/5 e 2/5, ABBIATE PAZIENZA E VE LO SAPRO' DIRE]

Cosa vuole dire? Che i teatri si trovano con 1/3 dei soldi contanti che ricevono oggi, il resto della cifra è detassazione. Ma un particolare tipo di detassazione, che è il credito di imposta trasferibile: vuol dire che io soggetto che ho 100 euro di credito di imposta, posso usarli sì per pagare le mie imposte, ma posso anche trasferire questo credito a un terzo (che so, un fornitore, che invece di pagare solo in contanti pago anche col credito di imposta, che poi questo fornitore userà per pagare le proprie tasse, le tasse dei dipendenti o anche userà per pagare a sua volta altri fornitori e via dicendo).

La stessa logica andrebbe seguita a livello locale (cioè comuni province e regioni dovrebbero finanziare allo stesso modo)

Questo sistema a mio parere introduce parecchi vantaggi:
1) Si esce finalmente dalla logica della "mancia" di matrice fascista
2) Lo Stato e gli enti locali devono distribuire molti meno soldi contanti. Ergo si tiene in cassaforte un gruzzolo (che un po' rende pure di interessi), che andrà poi a compensare  l'anno successivo i minori introiti di tasse (sostituiti dal credito di imposta). Sotto spiego come si pareggia il maggior credito rispetto ai contanti versati oggi.
3) Si crea un circolo virtuoso. I soggetti finanziati sono incentivati a sprecare meno (avendo in mano meno contante), a trovare modi per aumentare gli introiti (sui quali pagare le tasse col credito di imposta). 
I soggetti sono poi incentivati a rivolgersi a fornitori interessati a ricevere come forma di pagamento un credito di imposta (soprattutto imprese locali nel caso di credito di imposta ricevuto da enti locali, imprese italiane nel caso di credito di imposta ricevuto dal FUS. O al limite anche a imprese estere che siano interessate poi a pagare con credito di imposta fornitori italiani e così via). 

Tutto ciò che conseguenze ha? Maggiore efficienza, minori sprechi e, soprattutto, incentivo all'economia.
Facciamo un esempio micro, su un comune e un teatro (ma poi la cosa in grande vale a livello nazionale).
Prendiamo una grande città del nord (immaginatevene voi una) e un grande teatro stabile di quella città del nord (fate sempre voi).
Poniamo sia 1 milione di euro il contributo che il Comune dà al Teatro.
Saranno 333.000 euro in contanti e 666.000 euro in credito di imposta trasferibile.
Con quei 666.000 euro di credito di imposta quel teatro può:
1) pagare le addizionali comunali IRPEF di tutti i suoi dipendenti residenti in quel Comune e pagare tutte le tasse che deve al Comune.
2) pagare una quota degli straordinari dei suoi dipendenti residenti nel Comune (che poi li potranno usare per pagare la tassa dei rifiuti, l'IMU, le multe... insomma, qualsiasi tassa comunale i dipendenti devono pagare, ma anche servizi forniti da imprese locali interessate a ricevere credito di imposta come pagamento.)
3) pagare, anche solo con una quota parte della spesa, fornitori locali (interessati quindi ad avere un credito di imposta con cui pagare le tasse comunali). Tutto questo va a incentivare l'economia locale. Mettiamo che quel Teatro debba cambiare dieci serramenti per dieci mila euro. Non ha più in cassa molti contanti da spendere bensì molti crediti di imposta. Potrà pagare solo 5.000 euro in contanti e 5.000 con credito di imposta. Quindi invece di dare l'incarico al serramentista della città vicina (magari amico di amici) sarà incentivato a chiedere preventivi a serramentisti del Comune dove opera (che devono poi pagare le tasse a quello stresso comune e hanno magari dipendenti che devono a loro volta pagare le tasse al comune). Non più allora, magari, amici di amici ma impresa locale che fa il miglior preventivo. E dunque alla fine cosa succede? Il serramentista di quel Comune fattura  10.000 euro che non avrebbe fatturato. Sono 10.000 euro in più di imponibile... Su cui si calcola il gettito delle tasse comunali. Applica la stessa logica a tutte le spese simili di quel grande teatro in un anno. Risultato: alla fine aumenta il gettito comunale. Il comune incassa di più perché anche l'economia locale è cresciuta.

Passate ora a livello macro e fate lo stesso ragionamento a livello nazionale. In aggregato l'economia nazionale che gravita attorno al settore performing arts viene incentivata e di conseguenza aumenta il gettito. Per questo è pensabile, grazie al credito di imposta trasferibile, di innalzare del 30% il FUS. Perché l'anno successivo si potranno incassare più tasse grazie all'aumento del gettito.

Ecco, se volete rifate lo stesso ragionamento per tutta l'economia italiana, non solo per il settore spettacolo o cultura. Con il credito di imposta trasferibile è possibile incentivare la crescita di tutta l'economia italiana senza anticipare un solo euro sonante. 
E questa è una roba keynesiana (che Monti proprio non può capire, o fa finta di non capire). Il PIL è dato dalla somma di: CONSUMI, INVESTIMENTI E SPESA PUBBLICA. Sta scritto in tutti i manuali appena decenti di economia politica. Se diminuisci la spesa pubblica (e nel contempo non abbassi anche le tasse - da noi le aumentano, figurarsi) non puoi fare la crescita (che rimane invece "dentro di noi", come dice Monti Mario). Visto che l'Euro non è nostro ma delle banche, mentre le tasse sono nostre e non delle banche, allora la spesa pubblica la puoi aumentare con lo strumento del credito di imposta trasferibile. E così di conseguenza aumenta il PIL (e dunque i consumi dei cittadini e pure gli investimenti) e alla fine aumenta pure il gettito. Si chiama moltiplicatore keynesiano, ed è uno strumento che usano tutti (tranne Monti), pure il Fondo Monetario Internazionale, per fare previsioni sul PIL di un Paese [se volete fatevene una idea leggendo questo post nel blog di Alberto Bagnai, che poi a mio parere, ma non solo, è er mejo a proposito di politica economica che potete trovare in rete in lingua italiana]


2 commenti:

  1. Caro Stefano, l'idea e' ovviamente geniale. Il problema sta nel fatto che l'intera econonomia mondiale si basa solamente sull'aumento del debito pubblico che crea nuovi debiti per i paesi sottosviluppati e nuovi crediti per i paesi piu' ricchi. Se tu riporti tutto al mondo dello spettacolo questo sistema produce in pratica nuovi debiti per i teatri piu' piccoli e piu' crediti per i teatri piu' grandi che vengono finanziati dai contribuenti, dagli spettatori in primis sotto forma di aumento di biglietti e di abbassamento della qualita' produttiva.

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    1. Grazie per il commento.
      Parto dal fondo: l'aumento dei biglietti con abbassamento della qualità produttiva, se guardiamo alle dinamiche conosciute (cioè storiche) del teatro italiano, si è avuto in quei periodi in cui l'intervento pubblico è stato minimo o nullo, oppure orientato al sostegno paternalistico. Direi soprattutto in questo secondo caso: il mix di sovvenzioni fasciste e controllo del repertorio incentivato in ottica autarchica porta negli anni trenta ad una abbassamento della qualità generale senza diminuzione sostanziale dei prezzi di accesso al teatro. In un contesto di mercato puro, invece, si verifica senza dubbio un aumento dei biglietti ma non è detto che vi sia abbassamento della qualità produttiva (Pirandello, per dirne uno, lavorava in un contesto di questo tipo).

      Non capisco pienamente il discorso su aumento del debito pubblico che creerebbe debiti per i paesi poco sviluppati e crediti per i paesi più ricchi. Se potessi articolarlo meglio ti ringrazio.

      Scriverò appena riesco un post con dei dati precisi. Però ora a grandi linee posso dire questo: l'idea di teatro come servizio pubblico si afferma, e non è un caso, nello stesso torno di anni in cui si afferma l'idea di welfare state.
      Ci sono state a livello macroeconomico degli eventi che hanno reso possibili entrambi (il teatro come servizio pubblico fa parte a tutti gli effetti del welfare).
      Fondamentali sono stati: 1. gli accordi di Bretton Woods (1944) = dollaro come moneta internazionale e gold exchange standard; 2. lo Smithsonian Agreement (1971) che pose fine a Bretton Woods, eliminò il gold standard e consentì la fluttuazione libera dei cambi. Entrambi furono fondamentali perché consentirono a tutti gli effetti quell'espansione monetaria che ha reso possibile il welfare state.
      La spesa a deficit non è il male assoluto, come ci urlano tutte le televisioni. Quello che conta è il rapporto deficit/pil e l'equilibrio del saldo partite correnti bilancia dei pagamenti. Nel contesto nel quale viviamo non può esistere decrescita felice. La decrescita porta a devastazione (vedi quello che succede in Grecia, ma anche da noi).
      Il punto è, vogliamo uscire dal contesto capitalistico? Mettiamoci in testa che finisce totalmente il welfare come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 70 anni.
      Io penso che vada invece con forza rivendicata la bontà e la necessità della spesa dello Stato a favore dei cittadini. Ora abbiamo un problema non da poco: l'euro non è una moneta di proprietà dello Stato ma di un pool di banche sovranazionali rappresentate dalla BCE. La moneta è loro, e gli Stati possono solo prenderla in prestito a tassi elevati. I trattati europei ci hanno poi propinato il Fiscal Compact, che vuol dire puoi spendere tanti euro quanti ne incassi in tasse (anzi ancora di meno perché ci impongono anche di ridurre il debito). Fine della storia: se le cose rimangono così ci saranno sempre meno euro in circolazione, poiché il drenaggio di valuta continuerà inesorabilmente.
      L'unica soluzione che mi sembra fattibile è guardare alla moneta per quello che è a tutti gli effetti: una unità di conto che serve anzitutto a pagare i debiti. Il maggior debito che tutti hanno sempre da pagare e che non possono non pagare è quello delle tasse (se ti capita di avere per le mani un dollaro guarda cosa c'è scritto sopra, e poi fai un confronto con quello che sta scritto sugli euro di carta). Allora, dato tutto questo, come ne usciamo? Proprio usando le tasse per quello che sono: di fatto sono soldi veri.
      E questo io dico che va usato soprattutto per dare ossigeno ai teatri piccoli che ora stanno nell'economia della miseria. Per i teatri più grandi le cifre rimangono invariate. Ma guarda, ne sono certo, con in mano crediti di imposta anziché denaro contante tutta una serie di logiche che ora non vanno cambiano il giorno dopo.

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